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Saluto a Giovanni Gastel

Su sabato 13 marzo, sulla mia agenda c’era scritto “Gastel, postproduzione”; stavo seguendo il suo “Metodo” e ci eravamo salutati poche settimane prima nella sua ultima lezione. Dolcissimo, Giovanni sempre sorridente e rispondeva a tutti con immenso garbo e gentilezza. Pochi giorni prima, mi sono accorta che il corso era stato annullato e ora abbiamo tutti capito il perché; il COVID velocissimo ci ha portato via lo scorso sabato Giovanni Gastel, uno dei maestri più importanti della fotografia italiana.

Nipote di Luchino Visconti, raccontava sempre di essere il connubio tra nobiltà e imprenditoria lombarda; si definiva vecchio, ma aveva solo una gentilezza di altri tempi. Era modernissimo, adorava il digitale e la tecnologia, qualunque essa fosse. Le ultime parole a chi domandava se la vera fotografia fosse solo l’analogica, rispondeva: quel che che conta è il risultato, il resto sono pu@@te!

Io la penso come lui, forse domani fotograferemo con il tostapane, chissà? Quel che conta è quel che ci mettiamo dentro e quello rivela chi siamo. Lo ricordo alla fine di una conferenza al MAXXI, dopo avermi autografato un libro, si sedette con me in disparte, mi chiese del mio lavoro e mi parlò, suggerì e passò un importante testimone, mentre autorità e giornalisti lo stavano aspettando. E quel che mi ha detto resta parte essenziale del mio lavoro.

Ecco a differenza di tanti grandi fotografi, Gio – come si faceva chiamare- aveva questo: era umano, gentile con tutti e credeva di dover lasciare qualcosa si più giovani, a noi della generazione del Metodo Gastel. Perché il fotografo non è solo quello, ma un poeta, un regista, un pittore, uno scenografo, un archeologo, possibilmente una brava persona.

Giovanni Gastel ritratto da Federica Belli
Giovanni Gastel ritratto da Federica Belli
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